Tratturo, canada, draiville, drumurile oierilos, sono nomi di vie armentizie in paesi europei come l’Italia, la Spagna, la Francia, la Romania. Le organizzò l’uomo quando scoprì la pastorizia trasmigrante o la transumanza, detta così perché basata sulla trasmigrazione periodica del bestiame al di là della terra di ordinaria dimora, per il periodo di inospitalità della stessa. Così, quando la neve copriva l’erba della montagna, greggi e armenti si trasferivano in pianura, dove i pascoli erano disponibili, favoriti dal clima mite invernale, per far poi ritorno alla terra d’origine e consueta quando la neve era scomparsa e l’erba dei monti, prelibata e ricercata per qualità insostituibili, era tornata libera, verde e rigogliosa. Due volte l’anno, in autunno e in primavera, per secoli!
La spiegazione del fenomeno, del resto, è nella derivazione latina del termine transumanza: trans = al di là e humus = terra, al di là della terra (consueta).
Ma il collegamento dei due distanti pascoli non era il solo problema da risolvere, anche se di vitale importanza. Transumanza voleva dire dotare i due siti di servizi minimi e garantirne il funzionamento in condizioni di sicurezza. Le stesse vie poi dovevano rispondere alla doppia funzione di transito e di alimentazione del bestiame, elemento distintivo che le faceva assomigliare a tappeti d’erba srotolati tra monti e piani. Il fenomeno, inoltre, poneva problemi complessi legati all’organizzazione sia della produzione che della commercializzazione dei prodotti, e che riguardavano la disponibilità da una parte di pascoli sufficienti e dall’altra, di fiere, mezzi di trasporto, strumenti di artigianato collegati ad una attività pastorale molto articolata e interagente con altri settori. Un groviglio di nodi, quindi, da sincronizzare nei tempi e nei modi, come si conviene ad un progetto di sviluppo regolato dalle leggi dell’economia.
La scommessa riuscì e alla pastorizia nomade, aperta a insidie d’ogni genere, subentrò quella centrata su due aree, una delle quali destinata a diventare sede dell’azienda, con tutto quello che ciò comporta nell’adattamento delle stesse famiglie impegnate nell’attività, diretta e indiretta.
La transumanza divenne così la “risposta” dell’economia pastorale a particolari condizioni geografiche e climatiche e fu la scoperta del fuoco per popolazioni di più continenti, dalle Americhe all’Australia, all’Asia centrale, all’Europa mediterranea. E proprio nel Mediterraneo questo modello coinvolse l’ampio arco di territori posti tra la barriera montuosa Pirenei-Alpi-Carpazi e il mare, con punte in Marocco e nella Turchi, individuando così la grande area di transumanza mediterranea.
I tratturi sono quindi presenti nell’immaginario collettivo corrente come strade delle transumanza, funzionali alla pastorizia con l’obiettivo di mercato basato sul trasferimento bistagionale del bestiame tra due pascoli distanti e sfruttabili in periodi diversi dell’anno. Ma i tratturi non erano solo vie delle greggi o della lana, come usa dire.
Prima dei tratturi, infatti, il bestiame trasumante si serviva delle strade normali; nel Molise è con i Sanniti, alle falde del Matese nel Molise, sulla via Sabina-Apulia frequentata dalla transumanza, che sorge un luogo organizzato per sosta e commercio. Una sorta di stazione di servizio dell’antichità con attività anche manifatturiere, come la tintoria industriale distrutta da incendio nel II secolo a. C.! Con l’antica Roma, la pastorizia transumante assunse forme quasi industriali e venne disciplinata con regole e politiche di sostegno, il grande Varrone, nel riferire degli spostamenti stagionali degli animali fra le regioni dell’Italia centrale e le pianure pugliesi, scriveva che quelle terre erano unite da “pubblici sentieri (calles publicae) che congiungono i pascoli distanti, come il piccolo arco unisce le due ceste della soma”.
I Romani, nel I secolo a. C., sui resti del centro sannitico di sosta edificarono la città di Saepinum con foro, basilica (polifunzionale), terme, teatro, macellum (minimarket), fontane, opifici (conceria), fontane. Una piccola Roma dentro alte mura e torri rivestite di cubetti calcarei, con 4 porte monumentali d’ingresso sulle vie di transumanza dove i “conductores” di bestiame pagavano l’imposta (vectigal) sul bestiame di passaggio: operazione che nel II secolo d. C. diede luogo fenomeni di corruzione che alcuni studiosi moderni chiamano la “tangentopoli dell’antichità”.
Sui ruderi romani nacque ancora dal Mille in poi il borgo rurale, tuttora abitato.
Caduto l’impero romano e con la penisola in preda alla furia barbarica, la transumanza entrò in una fase di oscuramento, che divenne presto transizione, perché ritorna dopo il Mille e con sostegno politico di Normanni, Svevi, Angioini, Aragonesi.
Anzi, proprio con gli Aragonesi si ebbe il grande rilancio moderno con grande distretto a misura di mercato dall’Abruzzo al Golfo di Taranto, qualità della lana, pascolo assicurato nel Tavoliere di Puglia previo pagamento della imposta (fida), infrastrutture potenziate, (lo vedremo nei tratturi), ciclo completo produzione-commercializzazione, industria a credenza (cioè pagamento dell’imposta dopo la vendita del prodotto, con lo Stato creditore), amministrazione sovraregionale (di distretto) attraverso istituzione amministrativa, economica e giudiziaria a Foggia (Dogana della mena delle pecore di Puglia) e con regole di mercato pubbliche al servizio del sistema settoriale privato. Un modello ben impostato, da elevare la partecipazione a milioni di pecore e con durata lunga oltre 350 anni: 1447-1806,allorquando Giuseppe Napoleone dà in affrancamento ai privati il Tavoliere, spezzando la mutualità montagna-pianura, lasciando la montagna abbandonata a se stessa come un’anatra zoppa, che non troverà ascolto neppure nel Governo unitario e finirà vittima di emigrazione da esodo dalla seconda metà del XIX secolo. Pasquale Stanislao Mancini invano inviterà il ministro Sella a ripensare la decisione di trasformare l’affrancamento in credito dello Stato, perché lo Stato aveva bisogno di fare cassa. Capita spesso nella storia.